I diari della motocicletta
Abbiamo pensato, di proporvi qualche film da vedere con protagonista le moto. Il primo che ci è venuto in mente, è sicuramente i diari della motocicletta!
Il film ripercorre il lungo ed avventuroso viaggio intrapreso dal giovane Ernesto Guevara ed il suo amico Alberto Granado attraverso l’America Latina, in sella alla motocicletta di quest’ultimo (una Norton 500 M18del 1939 soprannominata “la Poderosa“). All’epoca, il futuro rivoluzionario è ancora un ventiduenne studente della facoltà di medicina, prossimo alla laurea, mentre Alberto è un giovane biochimico ventinovenne che lavora in un ospedale locale.
Buenos Aires, 1952. I due amici partono alla scoperta dell’America latina in sella alla motocicletta “Poderosa”, attraversando Argentina, Perù e Cile. Come vuole la tradizione picaresca, dopo questo viaggio non saranno più gli stessi. Ma qui non siamo davanti a un romanzo di formazione, siamo davanti a un’esperienza realmente vissuta, così come viene testimoniata nel diario dei suoi protagonisti.
Walter Salles (regista di “Central do Brasil”) ha collaborato con lo stesso Alberto Granado, ormai ultraottantenne, per la ricostruzione della vicenda. Questa fedeltà ai fatti così come sono stati vissuti può giustificare almeno in parte certe cadute della sceneggiatura nel registro retorico. Tuttavia gli scettici si possono tranquillizzare: non pare proprio di assistere alla celebrazione del mito di un “eroe da maglietta”. In questo universo filmico il “Che” non esiste ancora, esiste un ragazzo curioso e irrequieto che desidera entrare in contatto con le proprie radici, esplorando il meraviglioso e immenso continente a cui appartiene. La solidarietà verso le popolazioni che vivono rassegnate nella miseria, vittime dei soprusi storici – come i nativi costretti a vivere da reietti nella propria terra – nasce in maniera spontanea e graduale, si fonda esclusivamente sulla coscienza civile e sul senso di appartenenza.
Walter Salles (regista di “Central do Brasil”) ha collaborato con lo stesso Alberto Granado, ormai ultraottantenne, per la ricostruzione della vicenda. Questa fedeltà ai fatti così come sono stati vissuti può giustificare almeno in parte certe cadute della sceneggiatura nel registro retorico. Tuttavia gli scettici si possono tranquillizzare: non pare proprio di assistere alla celebrazione del mito di un “eroe da maglietta”. In questo universo filmico il “Che” non esiste ancora, esiste un ragazzo curioso e irrequieto che desidera entrare in contatto con le proprie radici, esplorando il meraviglioso e immenso continente a cui appartiene. La solidarietà verso le popolazioni che vivono rassegnate nella miseria, vittime dei soprusi storici – come i nativi costretti a vivere da reietti nella propria terra – nasce in maniera spontanea e graduale, si fonda esclusivamente sulla coscienza civile e sul senso di appartenenza.
In questa fase della vita di Guevara manca ancora una formazione politica che faccia da filtro alle esperienze. Questo è il viaggio in cui l’inquietudine astratta di un giovane studente diventa consapevolezza concreta, desiderio di fare qualcosa di utile e di grande per riscattare la dignità ferita del proprio popolo.
Le tappe fondamentali del loro viaggio sono Machu Picchu ed il lebbrosario di San Pablo, che permetteranno al giovane protagonista di osservare la miseria e la povertà del popolo latino-americano, iniziando ad analizzare i nefasti effetti dei sistemi economici vigenti, scoprendo l’esigenza di un mondo più equo. In tal modo il film tenta, implicitamente, di dare una spiegazione alle origini del percorso intellettuale e politico che i due protagonisti avrebbero poi intrapreso nel resto della loro vita.